"A giudizio di chi scrive e delle parti offese qui rappresentate (anche in sede processuale), l’omicidio dei due cittadini francesi, Jean-Michel Kraveichvili e Nadine Mauriot, avvenuto secondo la cronologia ufficiale l’8 settembre 1985 in località Scopeti di San Casciano Val di Pesa (Firenze) ad opera di alcuni soggetti, seppure giudicati colpevoli con sentenza definitiva è, e resta, un delitto non completamente accertato: ciò per quanto riguarda sia la ricostruzione della dinamica, che l’individuazione delle responsabilità. L’intangibilità del giudicato non può, infatti, giungere al punto di impedire la libertà di critica dell’operato sia degli organi di polizia, che giurisdizionali, specie quando a monte dell’attività degli stessi esistono, rispettivamente, obiettive lacune oppure premesse indimostrate. Da tenere presente che, nelle due fasi successive alla pronuncia della sentenza di primo grado (appello e cassazione) nei confronti di due soggetti, Mario Vanni e Giancarlo Lotti, condannati anche per il delitto degli Scopeti, i familiari delle vittime francesi non erano più rappresentati come nel primo grado, perché l’Avv. Santoni Franchetti, loro patrocinatore, era deceduto prima dell’inizio del processo di appello. Tale circostanza rimase ignota ai familiari delle due vittime sino al marzo 2002, ossia ben oltre il definitivo giudicato su questa vicenda (settembre 2000). Il duplice omicidio del quale stiamo parlando costituisce - com’è noto - l’ultimo di quelli attribuiti al c.d. “Mostro di Firenze” (per un quadro completo, vedi cronologia più avanti): il suo accertamento, a nostro giudizio, è maturato sulla base di un’indagine lacunosa e di un seguito processuale rivelatosi non esattamente adeguato agli scopi di giustizia. Si ritiene, a questo riguardo, di potere condividere l’opinione espressa da un autorevole giurista a proposito di questi delitti e delle modalità seguite per poterli accertare, il Dr. Francesco Ferri, Presidente del collegio di Corte di Assise di Appello che il 13 febbraio 1996 giudicò, assolvendolo, Pietro Pacciani, il primo fra gli inquisiti per i delitti attribuiti al c.d. “Mostro di Firenze”: “d’altronde insistere a senso unico su un’indagine che si muove sulle sabbie mobili di una più che dubbia attendibilità, fa trascurare le residue possibilità d’identificare il vero omicida, ammesso che sia ancora vivo, cosa della quale si può dubitare”. La ricerca della verità su questo delitto è sempre stata del resto il fine ispiratore della condotta dell’Avv. Santoni Franchetti, che troppo presto ci ha lasciato e che per primo patrocinò gli interessi dei familiari delle vittime di questo delitto, al punto da esporlo, talvolta, a critiche tanto ingiustificate quanto malevole, solo perché non era allineato per forza alle tesi colpevoliste della Pubblica Accusa e delle altre parti civili. Ne condividiamo l’impostazione, oggi più che mai, e ci definiamo pertanto suoi ideali prosecutori, sperando che la cosa non gli dispiaccia, anche se non è più fra noi. Nel corso di altro intervento, pubblicato via internet, si sono già riportate, in proposito, alcune informazioni di carattere generale; tuttavia la consultazione di numerosi atti processuali rinvenuti postea, la possibilità di elaborare alla luce degli stessi alcune diverse ed ulteriori ipotesi, le sollecitazioni ricevute dalle famiglie a fare finalmente luce su alcuni aspetti inspiegati della vicenda, giustificano un ritorno sul medesimo argomento. Prima di entrare in medias res, desideriamo ringraziare un esperto di alta professionalità, e perciò da noi sovente consultato, il Dr. Edoardo Franchi il quale ha reso il proprio parere e messo a disposizione le proprie conoscenze su tutte le questioni di natura medico-legale inerenti il presente caso. In questo contesto s’inserisce poi il riferimento costante al lavoro esemplare del regista Paolo Cochi, autore del documentario “I delitti del Mostro di Firenze”, dal quale si è tratto spunto per una visione d’insieme di tutta la vicenda. Di questo suo contributo, oltre alla meticolosa e precisa opera di ricostruzione degli eventi, particolarmente apprezzabile ci è sembrata la capacità di risvegliare, anche a distanza di numerosi anni, l’attenzione del pubblico verso le vittime di questi tristi fatti di sangue, il cui ricordo altrimenti sarebbe stato in breve inghiottito dal tempo. Un particolare riconoscimento, infine, va tributato al Collega di uno degli Autori, l’Avv. Prof. Fabrizio Corbi, già docente di Procedura Penale nell’Università di Firenze, il quale non si è risparmiato, in corso di redazione del presente lavoro, di fornire a chi scrive preziosi consigli sugli aspetti di carattere processuale. Si auspica, in conclusione, che la pubblicazione e/o diffusione di questo scritto possa risvegliare l’interesse su questa vicenda, così da raggiungere e toccare la coscienza di quelle persone informate sui fatti, se ancora ne esistono, desiderose di compiere un gesto in difesa della verità e di riferirne a chi di dovere."
Chiunque abbia letto il libro“Coniglio il martedì” (scritto da Aurelio Mattei, editore Sperling e Kupfer, pubblicato nel 1993, un anno prima dell’inizio del processo a carico di Pietro Pacciani), opera letteraria chiaramente ispirata alla vicenda del c.d. Mostro di Firenze, non può non porsi alcuni problemi, brevemente riassumibili nei termini che seguono. 1.Servizi segreti e delitti comuni. La prima cosa che stupisce di “Coniglio il martedì” è accorgersi che uno psicologo/criminologo vicino agli ambienti del Sisde (fonte il sito “Insufficienza di prove”) abbia assunto le vesti di “giallista”per mettere nero su bianco una sua “teoria” sul Mostro di Firenze, tramite quello che poi è rimasto il suo primo e unico libro. Per quanto ci risulta, i Servizi segreti non si occupano solitamente di delitti a sfondo sessuale, né in genere di fatti di cronaca nera. Significativa appare la dedica in apertura “alla memoria del professor Franco...
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